Sul blog di Francesco si parla di traduzioni dei musical, quindi offro il mio modesto contributo con questo post che è "pending" da quasi un anno (mi ricordo di averlo cominciato un giorno di novembre del 2006 in treno per Roma). Ho sempre detto che l'avrei rifinito un po', ma non l'ho mai fatto... Comunque a questo punto ve lo presento così com'è.
Traduire c’est trahire?
Era una domanda che all’università ci ripetevano spesso, ed è uno di quei temi che mi interessa sempre. Del resto, non mi sono laureata in traduzione per caso…
La questione, in termini semplici, è questa: è meglio tradurre e adattare un musical al pubblico straniero o lasciarlo nella versione originale? Com’è più "fruibile" per il pubblico?
Come in tutte le cose, ci sono due partiti: quello a favore delle traduzioni e quello dei “duri e puri” dell’originale. E come in tutte le cose, entrambi hanno le loro ragioni, di diverso carattere ma ugualmente accettabili.
Partiamo con delle banalità. Nonostante tutti si sforzino di dimostrarci il contrario, noi italiani con le lingue straniere ce la caviamo maluccio. Molti di noi non sono in grado di seguire un film in lingua originale, motivo per cui uno spettacolo completamente recitato (e cantato!!) in un’altra lingua sarebbe recepito male da molti spettatori. Immagino che per tanti risulterebbe difficile seguire la trama e i dialoghi, figuriamoci poi scendere nei dettagli e nelle sfumature.
Si potrebbe obiettare che in tutto il mondo le opere liriche vengono eseguite in lingua originale, e a nessuno viene in mente di tradurre “Che gelida manina…”. Al massimo i teatri vengono attrezzati con gli impianti per il sovratitolaggio (tra l’altro, è successo anche a me al Comunale di Firenze con “Tosca” in scena. Opera italiana per un pubblico italiano, ma c’erano i sovratitoli). A questa osservazione, i fautori delle traduzioni rispondono dicendo che dover leggere i testi e seguire quello che succede in scena distrae e stanca lo spettatore, con conseguenze negative sia per il godimento dello spettacolo da parte del pubblico che per il suo successo economico. Chissà perché, il pubblico della lirica può sorbirsi sei ore di Nibelungenlied in tedesco con sovratitoli e il pubblico del musical non può...
Dunque, sembrerebbe che la soluzione migliore fosse quella di adattare gli spettacoli traducendo i testi. Del resto, in tutto il mondo si fa così. Basta pensare ad uno spettacolo come “The Phantom of the Opera”, "Elisabeth" o "Jekyll & Hyde" per trovarne versioni in tedesco, olandese, ungherese, giapponese, coreano, e chi più ne ha, più ne metta. E vi dirò, in qualche caso il testo dell'adattamento mi sembra persino migliore di quello originale (a me ad esempio piace da morire "Der letzte Schritt", versione viennese di "The point of no return")
Eppure… Eppure l’idea di un adattamento in italiano di un qualsiasi musical o spettacolo mi suscita sempre sentimenti contrastanti. Sana invidia per chi farà il lavoro, timore per i risultati, curiosità di sapere come sono stati affrontati e risolti i punti più difficili, paura che si perdano dei significati sottintesi… E a posteriori, critiche su tutto (Che ci volete fare, noi fiorentini siamo bastian contrari).
Le due lingue che conosco meglio (oltre ovviamente all’Italiano) sono l’inglese e il tedesco. Due lingue che derivano dallo stesso ceppo, e che si assomigliano anche molto. Forse è per questo che le traduzioni tedesche di musical inglesi non mi suonano mai così strane come quelle italiane. O forse c’è da parte mia una certa abitudine a sentire i testi tedeschi, mentre quelli italiani mi suonano sempre “nuovi”.
Ciao! Mi chiamo Beatrice, non mi conosci, ma ogni tanto leggo il tuo blog perchè anche io come te sono appassionata di musical (soprattutto di ambito germanico)! Finora non ho mai scritto commenti, un po' per mancanza di tempo, un po' perchè ti ho trovata veramente da pochi giorni...
RispondiEliminaInnanzitutto complimenti per il blog, dimostri di essere veramente preparata e dalla grande cultura musicale.
Ho avuto l'ispirazione a scrivere perchè mi sento coinvolta in prima persona da questo ultimo post, che va a toccare due delle passioni della mia vita: il musical e la traduzione... hai ragione, non è una cosa facile, soprattutto per quanto riguarda le traduzioni in italiano (che è una lingua veramente ingrata!) però io la trovo anche una sfida stimolante, tant'è che per hobby a volte mi metto a tradurre canzoni e poesie...
Io e una mia amica abbiamo messo a punto rispettivamente la traduzione di Tanz der Vampire e di Elisabeth in italiano...per ora stiamo cercando di concretizzare il sogno di vederli rappresentati (naturalmente vogliamo fare le cose in modo legale) ma non è facile! A volte la traduzione va oltre la lettera, si nutre di immagini e sonorità, e acquista una vita propria.. io credo che se la traduzione è fatta bene valga decisamente la pena e possa offrire anche stimoli interessanti!
Beatrice
dimenticavo, se vuoi vedere il mio blog, ecco l'indirizzo:
RispondiEliminahttp://www.myspace.com/beasoriani
Bea
Bea: Grazie per i complimenti... Mi sento arrossire... :-P
RispondiEliminaPurtroppo fa parte del lavoro di adattamento dei testi "tagliare" qualcosa e aggiungere altro, spostare le immagini del testo nei punti in cui stanno meglio. Migliore è questo lavoro, migliore è la traduzione.
Niente mi toglie dalla testa comunque che certi tipi di testo siano più semplici di altri da adattare. Mi vengono in mente i testi italiani del musical "Rent"... Per me non rientrano tra gli esempi di belle traduzioni, ma bisogna ammettere che quel sound un po' rock, quei ritmi veloci si adattano male all'italiano. Meglio allora un bel Lloyd Webber d'annata, con le sue arie d'ampio respiro... :-))
Dirò una cosa banale: secondo me i musical vanno tradotti, e tradotti BENE.
RispondiEliminaUna "via di fuga", anche nei passi più difficili, c'è sempre; l'italiano è sì chilometrico e dall'accento ingovernabile, ma offre un'infinità di soluzioni.
Comunque, sono curioso di leggere gli adattamenti di "Tanz" e di "Elisabeth"...
Franz