Domenica ero con una mia amica a cui non ho mai parlato esplicitamente della mia passione per il musical (ad essere sincera non ne ho mai parlato con quasi nessuno dei miei amici/parenti, anche se quasi tutti ne hanno un sentore). La mia amica si stava trastullando con il mio cellulare che ha come wallpaper il logo di Rebecca. Ad un certo punto mi ha chiesto "Che è Rebecca?" Io ho nicchiato un pochino, poi lei mi ha chiesto se si trattava di un musical. Ovviamente la mia risposta non poteva che essere sì. Al che lei mi ha fatto, stupita "Davvero? Non l'ho mai sentito. Come sono ignorante..."
Che ragazza ingenua che è la mia amica... Pensava di conoscere tutti gli spettacoli prodotti in giro... E invece il musical in Italia gode di considerazione pari a zero. Se facciamo eccezione per i grossi titoli degli anni '70 ("Jesus Christ Superstar", "Hair", forse "Evita" e "Cats") ditemi quali altri show sono noti ad un Italiano medio. Secondo me, persino spettacoli che hanno festeggiato i 20 anni di repliche a Londra e Broadway ("Les Mis", "Phantom of the Opera") risulterebbero titoli sconosciuti a molti italiani.
Non conosco i motivi di questa indifferenza per un genere che in altri paesi riscuote un successo notevole... Avete qualche idea?
Martina, domanda da un milione di dollari... proviamo a lanciarla sulla lista di Amici del Musical?
RispondiEliminaProvo a dire la mia. Credo che in Italia domini la cultura televisiva: quello che passa per il piccolo schermo è preso in considerazione, il resto no. Lo sto vivendo in diretta sulla mia pelle: da quando mi sono sposato, cinque anni fa, ho diminuito drasticamente il consumo di tv, aumentando nel frattempo altri hobby come la lettura (romanzi, saggi, riviste...), il surfing su internet a caccia di info su musical e dintorni, naturalmente l'ascolto di cd e dvd sul tema, il teatro, la radio, le semplici chiacchiere casalinghe che altrimenti sono soffocate dal bla-bla televisivo. In tv ormai guardo solo selezionatissimi serial americani (Lost, Cold Case, NCIS, Grey's Anatomy) e qualche sparuto tg tanto per sentire le stesse identiche cose su tutte le reti. Insomma: a volte mi sembra di vivere fuori dal mondo, specialmente quando parlo con mia madre che invece tiene la tv accesa praticamente sempre, e non si rende conto che nell'80% dei discorsi che fa, fa riferimento sempre a quello che vede o sente in tv.
Ma vabbè. Ovviamente sul musical il discorso è diverso, ma l'importanza del media televisivo è fondamentale. Guarda cos'ha combinato Maria De Filippo con Footloose: un prodotto teatrale francamente inguardabile, ma che in ogni replica ha riempito le sale all'inverosimile di ragazzini e adulti "peter pan" che erano convinti di assistere ad un capolavoro. Lo stesso pubblico che ha decretato la chiusura prematura di un musical intelligente e spassoso come "The producers", che a Roma non ha avuto il successo previsto.
Finché la tv continua ad ammorbare le coscienze e le capacità critiche dello spettatore medio, convinto che le varie Hunzicker e Incontrada siano delle grandi star da palcoscenico, non potremo fare neppure mezzo passo in avanti.
O si fanno operazioni coraggiose - ma dispendiosissime, al momento - come quelle del "Rossetti" di Trieste, ma che ha la fortuna comunque di godere di un retroterra culturale perlomeno decente in campo teatrale (e "Elisabeth" non poteva che essere portato esclusivamente che qui), o il pubblico continuerà a vedere come musical ciò che musical non è: Lungomare, Parlami di me, Notre Dame, e compagnia bella.
I veri musical (anche semplici, come Nunsense o I love you, you're perfect, now change) dovranno secondo me far conto su un pubblico di appassionati cha sappiano scegliere, giudicare, e passare parola. Fino a che qualche alto papavero si deciderà a farne una vera e propria industria, che metta la qualità sopra tutto, come accaduto in Germania e Austria. I profitti arriveranno di conseguenza.
Certo, poi c'è l'annosa e mai risolta questione della provincialità del nostro pubblico: per fare grandi spettacoli, a lunga tenuta, ci vogliono investimenti ingenti, teatri adeguati e un pubblico disposto a spostarsi; tutto il contrario di quello che succede in Italia, dove è lo spettacolo che deve inseguire lo spettatore e adattarsi a teatri piccoli e spesso inadeguati.
Insomma, c'è un grande lavoro culturale da fare. Nel nostro piccolo possiamo già cominciare a fare qualcosa, no?
Francesco Moretti
Hai ragione riguardo agli ignoranza sui musical in Italia. Ricordo anche che quando c'era Rent a Milano (e sui cartelloni era scritto Rent is Back!) sui giornali c'era scritto 'in Italia il musical "Rent is back"' :-D
RispondiEliminaComplimenti per il blog. Questo e' il mio, e in particolare, questa e' la sezione sui musical (ancora un po' scarna): http://longlivemusic.blogspot.com/search/label/musicals
ciao!
Lore
L’argomento della scarsa popolarità del Musical è per me tristemente noto. Uso il termine “tristemente” perché non me ne sono mai fatto una ragione da quando 17enne l’ho scoperto (un anno prima avevo aperto il mio cuore all’opera e al teatro in musica in generale). Siamo in pochi. Dobbiamo ammetterlo. Si direbbe pochi ma buoni e invece ciò non mi rincuora. L’hobby elitario non riscalda il mio cuore. Viviamo in un’epoca sciatta e superficiale e in un’Italia che si divide su tutto, anche sui generi musicali. Il Musical non sta né di qua, né di là. Non ha il blasone della musica sinfonica e della lirica ma marcia anche a ritmi diversi da quello della musica pop. Il pubblico del Teatro della Luna di Milano o del “Sistina” di Roma è composto in gran parte da famiglie tradizionali, da fidanzati che vogliono passare “una serata a teatro”, da quelli che – caro Francesco/Franz, ancora una volta hai fatto “centro”- guardano la televisione e si cibano di televisione come unica fonte del Sapere. Un piccolo esempio sulla dabbenaggine televisiva: qualche anno fa mi sono imbattuto in un programma di Maria De Filippi sui giovani e lei, commentando il film EVITA, ha detto testualmente “Questo che ho in mano è l’ultimo Cd di Madonna, EVITA…” Come se la cantante pop avesse decise di denominare il suo ultimo album di canzoni “Evita” invece che “True blue” o “Like a virgin”…Ragazzi, ma EVITA è un prodotto del ’77 che all’epoca di questa infelice frase aveva già mietuto successo da vent’anni in numerosissimi teatri di tutti il mondo anche di non-lingua-inglese. Il Musical ha una storia che merita rispetto per i suoi 100 e passa anni di vita. Mica può essere scambiato per una cosa passeggera, come uno dei tanti cd di una star del pop.
RispondiEliminaLa disanima di Franz è IMHO perfetta. Ma cosa occorre fare ? Ci si può augurare che acquisti col tempo un suo pubblico, uno zoccolo duro così come gli appassionati di lirica che vanno di qua e di là per rivedere l’ennesima BUTTERFLY o BOHEME di turno. Un pubblico che prenda armi e bagagli e si sposti, che faccia turismo, che non si impigrisca ad attendere lo spettacolo nel teatro sotto casa.
In questi anni di passione non mi sono mai rassegnato all’esiguo numero di fans del Musical – che come dice Martina, costringe noi appassionati quasi alla..clandestinità, senza la passibilità di esplicitare i nostri interessi perché gli altri “tanto non capirebbero” – e credo che il problema ahimè rimanga tale anche per il prossimo futuro. Vuol dire che ciascuno farà quel che potrà. E chi ha voglia, tempo e se lo può permettere, andrà là dove ci sono i musicals e li sanno fare.
Insomma questi benedetti spettacoli ci danno tanta gioia ma anche diverse dosi di veleno…
Mi dispiace per il finale amaro ma sull’argomento non so trovare ottimistiche parole.
Vostro
Giuseppe/Josef
@Lorenzo: benvenuto!! E noto dal tuo blog che sei mio conterraneo, che bello!! :-))
RispondiEliminaSul problema dell'indifferenza italiana al musical non ho soluzioni neanch'io. Non credo dipenda dal genere musicale, perché non stiamo parlando di opere liriche: molti dei musical moderni hanno un suono (a volte fin troppo) pop-rock che dovrebbe attirare anche i giovani.
E' perché il teatro in Italia è considerato un passatempo da snob? O perché manca un richiamo adeguato?
Non mi rassegno a credere che nel DNA dell'italiano ci sia una refrattarietà al musical...